La cripta dei cappuccini
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La Cripta dei Cappuccini
di Joseph Roth
Data: 20 febbraio 2013
Presenti: Serenella, Fabrizio, Anna Rita, Enzo, Marina, Francesca, Guido, Ida
Titolo libro: La Cripta dei Cappuccini
Autore: Joseph Roth
Commenti:
Francesca inizia dicendo che il libro non le è piaciuto tantissimo, lo ha trovato strano.
L’autore tratteggia molto bene il ritratto di questo giovane in un mondo che sta crollando.
Forse anche oggi ci si trova in una situazione simile. E’ tristissimo. C’è un senso di
disfacimento totale.
Ida condivide quest’impressione sull’atmosfera del romanzo. Racconta delle sue sensazioni
sull’Austria attuale che visita spesso. E’ un’Austria da operetta, linda e pinta. Dell’Impero non
sapeva nulla, non conosceva questa società. Il senso di disfacimento di cui si parlava si
respira nel libro fin dalla prima pagina. Questo vivere in un caffè, tipico uso mitteleuropeo,
luogo di incontro di vita. Pigrizia di questi personaggi. Assolutamente moderne le figure
dell’imprenditore lestofante e della coppia omosessuale. Ida sottolinea la minuzia delle
descrizioni. Trova faticosissima la lettura di questo testo.
Enzo mette in evidenza la presenza di personaggi molto caratteristici: il cugino caldarrostaio
e il vetturino ebreo, ma soprattutto la madre del protagonista.
Serenella dice che per la prima parte la lettura scorreva bene mentre la seconda parte le è
sembrata più lenta, più triste e decadente. Evidenzia la figura del servitore che le ha ricordato
il personaggio analogo dei Fratelli Karamazov. Le è sembrato interessante che la Patria fosse
identificata con l’Imperatore Francesco Giuseppe. Ha notato che l’autore sorvola molto sulla
guerra e sulla prigionia.
Fabrizio ha letto il libro abbastanza facilmente, ma non lo ha entusiasmato. E’ la descrizione
del declino e del disfacimento di una società che sta per vivere l’avvento del nazismo. Ricorda
la frase spesso ripetuta della morte che sta in agguato. Anche per lui guerra e prigionia
sembrano vissute in modo superficiale, come tutto superficiale è il rapporto del protagonista
con la moglie. E’ un uomo che sembra aver lasciato fare tutto agli altri e alla fine c’è la tragica
domanda: dove devo andare io, un Trotta? Gli è venuta in mente la scena del Titanic, dove
l’orchestra continua a suonare mentre il transatlantico sta affondando. Ha trovato patetico il
nome del proprietario ebreo del bar: Adolf.
Anna Rita ha letto il libro abbastanza velocemente. Condivide l’impressione degli altri, quel
senso di apatia, di mollezza. Trova molto belle le descrizioni dei personaggi. Nell’insieme il
romanzo l’ha lasciata insoddisfatta.
Enzo dichiara che proprio questi “difetti” gli hanno fatto apprezzare moltissimo il libro.
L’autore voleva fare un’autobiografia. Trotta è l’espressione contratta di quel popolo che
aveva vissuto per secoli l’Austria felix. Ha apprezzato moltissimo tutta l’esposizione. Anche i
periodi lunghissimi secondo Enzo vanno bene quando li elabora un bravissimo scrittore.
Sono attraenti e intelligenti. Trova straordinaria la sequenza finale, un grande atto di amore
per la patria perduta.
Francesca aggiunge che anche lei è stata colpita da questo senso della patria, particolarmente
in relazione all’Ungheria, la nazione più fedele all’Impero.
Marina dice che il libro le è piaciuto molto. L’autore le è sembrato un vero romanziere, un
narratore raffinato anche nello stile, ma soprattutto nel rendere i personaggi. Ricorda
vivissima la descrizione del vetturino ebreo, grosso e nero, immobile nell’anticamera
soleggiata. Si avverte che la vita del protagonista è ripercorsa all’indietro, quando è al
termine e tutto sembra dileguarsi. Per questo anche i ricordi della guerra e della prigionia
sono sfumati e indistinti. La figura fondamentale secondo lei è la madre, che incarna un
passato destinato a scomparire, come la patria, con le sue strutture, la sua cultura, i suoi riti,
le buone maniere.