La banda Sacco
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La banda Sacco
di Andrea Camilleri
Data: 14 maggio 2014
Presenti: Caterina, Serenella, Fabrizio, Alida, Anna Rita, Enzo, Francesca, Guido, Marina
Titolo libro: La banda Sacco
Autore: Andrea Camilleri
Commenti:
Alida inizia dicendo che per lei la lettura non è stata agevole in quanto non conosce il
siciliano.
Al contrario Fabrizio dice che il libro riesce a leggersi nonostante il dialetto, che del
resto Fabrizio conosce. Secondo lui il romanzo dimostra che la mafia attecchisce dove manca
la difesa dello Stato. Nel 1924 la mafia poteva presentarsi supportata dai “colletti bianchi”.
Cita a proposito Vittorio Emanuele Orlando: “mafioso mi dichiaro io stesso e sono fiero di
esserlo“. La frase va letta nel suo contesto: discorso contro Mussolini, è infatti preceduta
dalle parole: “Se per mafia si intende il sentimento dell’onore portato sino all'esasperazione,
insofferenza contro la sopraffazione, generosità… si tratta di contrassegni individuali
dell’anima siciliana, e mafioso ecc.” (NdS). Aggiunge che, secondo Denis McSmith, se la mafia
fosse stata un’associazione e non un modo di vivere, forse Mori avrebbe potuto sopprimerla.
Anna Rita dice di aver avuto anche lei difficoltà a causa del dialetto, ma poi ha apprezzato il
libro perché la Sicilia le piace moltissimo. La banda Sacco voleva opporsi, ma non poteva far
niente. Ha sentito l’amarezza dell’impotenza, di essere condannati ingiustamente. Ricorda la
frase: la mafia non solo ammazza, ma può stravolgere irrimediabilmente la vita delle
persone. Nonostante l’amarezza delle conclusioni, il libro le è piaciuto.
Anche Enzo dice che gli è piaciuto moltissimo: non è un romanzo perché è una storia vera.
L’autore ha cambiato poco, solo i nomi delle persone. Si possono imparare molte cose. La
cattiveria, anche dei carabinieri. I Sacco si sono sempre dichiarati innocenti, ma qualche
“ammazzatina” l’hanno fatta anche loro. La giustizia sta a guardare, manipola, chiude i
procedimenti, archivia. Nel cap. IX si dice che i Sacco non hanno mai rubato, mai sparato ai
carabinieri, ecc. In effetti avevano questa idea: perché non trattare la mafia con i suoi stessi
sistemi?
Anna Rita si chiede se non cambierebbe la situazione se lo Stato cercasse di migliorare le
condizioni della gente.
Caterina, Serenella e Francesca sono convinte di no.
Enzo ricorda i processi ai terroristi, che dichiaravano di essere prigionieri politici. Allora
sarebbe stato logico trattarli come tali, secondo la giustizia militare.
Caterina nota che un’affermazione del genere ti fa subito passare per fascista. E’ un tarlo
della nostra società.
Francesca dichiara di non amare molto Camilleri. La lettura non è stata agevole a causa del
dialetto. Il libro l’ha delusa e l’ha depressa. La Sicilia è eternamente abusata da questo
concetto: che se sei bravo finisci male, non puoi fare niente. Sempre la stessa storia, di
un’eterna sconfitta, ad opera di un potere che c’è, non solo in Italia, ma in Cina, in
Sudamerica. La storia non ha assolutamente niente di nuovo. Sconfitta di fronte ad una
mentalità. Un potere domina la comunicazione e questo si vede a tutti i livelli.
Caterina fa un paragone con Verga che vede le cose diversamente da Camilleri. Così anche
Squitieri nel film: Li chiamarono … briganti che interpreta il brigantaggio dell’epoca
risorgimentale come un fenomeno contro l’inadempienza dello Stato. Del libro di Camilleri
non le è piaciuto come tratta il prefetto Mori. Camilleri è scrittore di sinistra assolutamente
politicizzato.
Serenella osserva che è stato detto ormai tutto. A lei il libro è piaciuto. Ha seguito con
interesse soprattutto la storia della formazione della banda. Camilleri le piace molto.
Alida dice che l’ambiente le ricorda Monterosi ai “vecchi tempi”.
Francesca osserva che chi sta in alto è (quasi) inevitabilmente ricattabile.