Che tu sia per me il coltello
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Che tu sia per me il coltello
di David Grossman
Data: 16 dicembre 2009
Presenti: Anna Rita, Serenella, Caterina, Fabrizio, Miriam, Cristina, Enzo
Titolo libro: Nati due volte
Autore: David Grossman
Commenti:
Anna Rita ha preferito la prima parte alla seconda, e nella conclusione legge
la speranza che il rapporto si mantenga. Nota sentimenti profondi.
Fabrizio non è riuscito a leggere oltre pagina 60, e dà un giudizio negativo.
Serenella lo considera paranoico. Vorrebbe essere interessante. I personaggi
sono problematici.
Caterina giudica la tecnica narrativa ripetitiva, ampollosa, indice di profondo
egotismo, privo di una relazione vera tra il protagonista e la persona amata.
Serenella: dal titolo si evince il ruolo ricoperto dalla donna, cioè quello di
sezionare l’interiorità dell’uomo.
Si riprende la discussione nella seduta successiva del gruppo cui si è aggiunta
Miriam.
Serenella ricorda che l’ultima volta il libro di Grossman in generale non era
piaciuto, però qualcuno non era presente, e non ha potuto esprimere il proprio
parere.
Per email Salvatore ha comunicato di aver apprezzato il romanzo, in cui ha
notato soprattutto il senso di solitudine, come fosse smarrito il senso della vita,
mentre l’incontro con Miriam crea una possibilità per il protagonista di
rispecchiarsi in questa relazione epistolare.
Cristina dice che il libro di Grossman le è piaciuto tantissimo. Secondo lei il
punto vero e proprio è la ricerca del posto in cui si può essere se stessi (v.
p.44) e sentirsi amati, in un istante infinitesimale. E’ anche il problema di
Miriam. Anche lei cerca quell’istante (è un’utopia) in cui ci si possa sentire
perfettamente amati e accettati. Yahir si descrive più debole. Per Grossman,
noi siamo la malattia (l’omino verde). Il contatto con la realtà diventa
insopportabile. I protagonisti vivono una vita impropria che alla fine ha il
sopravvento.
Questo aspetto è piaciuto anche ad Anna Rita.
Fabrizio dice che ha letto il libro vivendo la cosa come un dovere; non riusciva
a dipanarlo.
Enzo aggiunge che il linguaggio di Grossman è ammirevole per la sua
ricchezza.
Miriam osserva che tipico della cultura ebraica è questa sensazione di non
aver luogo, non aver tempo.
Per Cristina, infatti, questo è vero anche in Yehoshua.