Il fondamentalista riluttante
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Il fondamentalista riluttante
di Mohsin Hamid
Data: 30 novembre 2011
Presenti: Serenella, Fabrizio, Cristina, Anna Rita, Meriam, Enzo, Rosa, Guido, Marina
Titolo libro: Il fondamentalista riluttante
Autore: Mohsin Hamid
Commenti:
Serenella: Le è piaciuta l’impostazione del libro. Il
protagonista parla con una persona, un americano,
in un bar di Lahore, in un monologo lungo tutto il
libro, in cui l’interlocutore non interviene mai.
Il protagonista, Changez, voleva in tutti i modi essere americano, ma alla fine
esplode la sua appartenenza ad un altro popolo. Comunica l’impressione di
sentirsi in un luogo e contemporaneamente in un altro.
Rosa: Quando torna a casa, agli inizi gli sembra brutta, poi la sente come
luogo di valori. Il libro è interessante, si legge volentieri.
Fabrizio: Dice che, sinceramente, da un punto di vista letterario, il libro non lo
ha colpito, a parte belle descrizioni di luoghi. Lo ha trovato interessante per
l’attualità, per la critica al dio Moloch della produttività identificato con la
società americana. Si rifà alla storia dei giannizzeri, i bambini cristiani rapiti dai
musulmani che ne avevano fatto guerrieri feroci e leali. Avevano cancellato da
sé la propria identità. Il protagonista del libro cerca di fare anche lui così ma
non può, perché non era stato preso da piccolo. Insomma, Fabrizio trova il
libro attuale, ma non molto coinvolgente.
Per Anna Rita il romanzo è scorrevole, piacevole, interessante. Quando
racconta di Erica è delicato, sensibile. Le è piaciuta l’impostazione, il colloquio
con una persona che ascolta senza parlare. Le è piaciuto questo tornare alle
origini del protagonista, ritrovare la dignità del suo paese.
Cristina dice di aver riletto (un po’ velocemente) il libro che aveva già letto
tempo fa. Come stile le è piaciuto: diretto, preciso, semplice ma efficace. Ha
notato una frattura nel protagonista, che è proprio diviso in due, come dice la
persona che incontra, con due frasi: tu sei così. Siamo anche noi un po’ così,
divisi tra i valori e la vita attuale. Forse c’è qualcosa che le sfugge. Sembra che
nella prima fase della sua vita Changez sia riuscito a negare completamente le
sue origini. Ci sono dei personaggi da scandagliare. C’è una frase che il
protagonista dice a proposito della sua relazione con Erica, che vale per la sua
vita in generale, perché anche nella sua vita non può più tornare come prima.
Fondamentalista, ma riluttante.
A Meriam è molto piaciuta la formula narrativa che trova originale. Ha ben
presenti queste piazze con i narghilè, i dolcetti al miele ecc. L’autore le sembra
molto abile nel tirar fuori questi quadri stereotipi, sia da parte dell’americano
che del pakistano. Changez si trova di fronte al sistema capitalistico in cui è
entrato ai sommi vertici, ed è fallito. E’ uno scontro fra culture, ma anche a
livello personale. Meriam viene da una famiglia in cui la madre, italiana, ha
vissuto sempre in Africa senza vedere mai l’Italia. Non si è sentita mai né
italiana né africana. Secondo Meriam con poco Hamid ha fotografato
moltissime cose.
Enzo si complimenta con Meriam per le osservazioni molto acute. Per quanto
riguarda lo stile, Enzo concorda con gli altri. Trova la scrittura di Hamid
elegante e chiara. Ha ammirato moltissimo il sesto capitolo che paragona ad
un delicato cammeo.
Legge ai presenti gli appunti che ha preso durante la lettura e che ora
riassumiamo.
La caratteristica dell’opera sembra l’ambiguità. Dopo l’11 settembre Changez si
trova di fronte al dilemma: se stare con l’Occidente, ovvero gli USA, a cui deve
i suoi successi professionali e culturali, o con il mondo musulmano, cui
naturalmente appartiene. La sua felice condizione di “americano” di successo,
di fronte al crollo delle Twin Towers che guarda sorridendo, cessa
improvvisamente ed egli si schiera subito emotivamente con il suo ceppo
culturale d’origine. Torna a casa, dai suoi, a Lahore, considerando sempre più
decisamente gli USA come i veri assassini e violentatori di paesi deboli (Irak,
Afghanistan, Pakistan).
Ma è tutto qui?, si chiede Enzo, o non riemerge insopprimibile la nostalgia di
quel mondo dorato ora perduto? Forse proprio questa nostalgia è all’origine
della sua scelta di narrare all’americano incontrato al bar tutta la sua vicenda
umana, un racconto incentrato sul suo vissuto occidentale. Alla fine della
storia, quando si offre di accompagnare l’uomo rassicurandolo che quelli che li
stanno seguendo non sono pericolosi, sembra di intuire che sia proprio lui,
Changez, ad attirarlo in un tranello. In definitiva, per Enzo, l’unica cosa non
ambigua di Changez è la storia con Erica: un amore sincero, forte, che
sopravvive alla misteriosa scomparsa di lei.
Meriam si chiede perché l’unica americana che va con lui è una donna
“problematica”.
Serenella suggerisce che è perché Changez non è del tutto integrato. Forse
sono due solitudini che si incontrano.